domenica, gennaio 22, 2006

Cominciamo

Carissimi,
come tutti gli inizi, anche questo è tutto da modificare, rivedere, eccetera. Mi piaceva l'idea dei colporteurs perché mi ci immedesimo molto...
Inizierò a pubblicare le nostre lettere sotto la voce "Precedenti", mentre le cose nuove verranno titolate man mano.
Si comincia...

>Nota di lettura e consultazione<
Ho postato le mail dalla prima all'ultima, cioè il contrario di un blog. Se ve ne interessa una in particolare, sulla sinistra (sotto previous posts) trovate il richiamo veloce.
Se postate qualche commento, ricordatevi di firmare (se postate anonimi). Adesso studierò un modo perché tutti possano contribuire come autori.

sabato, gennaio 21, 2006

prima Mail_ 4 dicembre 2005

Carissimi,

spero perdonerete il mio ritardo nell'inviarvi questo resoconto, una prima ricognizione delle cose fatte. Cercherò di essere il più fedele possibile alle cose che finora sono state esposte: ciò non toglie che hanno tutti il dovere di puntualizzare, di chiarire, di proporre.
Le poche conclusioni e le molte proposte a cui siamo giunti nei giorni scorsi riguardano diversi aspetti della questione, da quelli meramente organizzativi per arrivare agli argomenti e ai metodi. Cercherò di farne un breve sunto.

Organizzazione
Il bisogno di partenza, sentito un po' da tutti, era quello di trovare un campo comune in cui confrontarsi sul proprio lavoro, sui propri interessi e/o studi. Per far vivere e prosperare il confronto, serviva un mezzo versatile e stimolante, che avesse anche la funzione di mostrare "pubblicamente" il lavoro svolto. Quindi: una rivista (sulla forma ci sarà da discutere: on line o cartacea o entrambe) e un momento di incontro (chiamiamolo seminario) in cui discutere. Dal punto di vista pratico, sembra sensato tenere un gruppo più piccolo che coordini la rivista (lo chiameremo Soviet, o comitato di redazione, fate voi), che è all'incirca quello a cui mi sto rivolgendo adesso, e che si prende la responsabilità della scelta del tema, e della rotta generale. Il seminario, più esteso (con probabile cadenza quindicinale/ci sarà da discutere), di libero accesso e discussione.


Metodi
Riguardo alla rivista, si voleva evitare sia il contenitore in cui mettere i lavoretti di ognuno, senza alcuna connessione tra di loro, sia l'idea di un tema troppo stretto e/o vincolante (il divano nella letteratura; l'uso dei favoriti nel romanticismo, ecc.), che ci tarpasse le ali critiche prima di cominciare.
E' venuta fuori allora l'idea di un tema che potesse mettere insieme gli interessi di ognuno, cercando di creare percorsi (o meglio, reti di percorsi) tra i nostri interessi/lavori, e che permettesse anche, eventualmente, una serie di tragitti possibili attraverso il testo/rivista, rendendo così molto più stimolante sia il lavoro sul nostro metodo, sia la lettura successiva del prodotto finito (la dott.ssa Panazza ha giustamente osservato che questo concetto di tema è molto vicino a quello dell'esimio porf. Fusillo, Ndr). Un tale tema rende anche molto più forte l'esigenza di un confronto diretto con gli altri, e quindi ancora più utile la presenza del seminario: sin dai primi incontri, è abbastanza notevole notare come ci si trovi spesso rivolti verso lo stesso Oriente, a seconda dell'argomento "contenitore" che si prende. Un altro esempio di percorsi incrociati lo avete con le tavole tematiche dell'enciclopedia einaudi, in cui un grande campo concettuale ne contiene altri, posti in ordine di vicinanza o lontananza dal centro dell'insieme e da se stessi a seconda della propria pertinenza.

Temi
Non sono bravo a riassumere i due temi che finora sono emersi, e chiedo venia e correzioni a chi li ha proposti - anzi, Nicola ti prego di rimandarci il tema così come lo avevi presentato, io non ricordo molto bene. Di seguito al titolo metto dei "topics" che sono quelli che mi ricordo e che non sono minimamente esaustivi del tema. Il compito collettivo è anzi quello di proporre, intorno a questi due (o ad altri da proporre) il maggior numero di interconnessioni e riferimenti al proprio lavoro.

- Uomo e tecnologia. I rapporti tra società/ cultura/ tecnologia. Tratto tipico della modernità (e della post-modernità?), ma non solo, se prendiamo la téchne greca come punto di partenza. Come il processo industriale ha cambiato l'immaginario/ il modo di immaginare sé stessi, dunque anche di scrivere sé stessi.


- corpo-uomo-macchina (mi scuso per i titoli, sono evidentemente provvisori), non troppo distante dal precendente.
Come l'avvento della macchina si riflette nelle produzioni culturali. I rapporti tra corpo umano e macchina (dalla visione del corpo come una macchina perfetta a quella della biocibernetica_migliorare il corpo attraverso le macchine). Visione e significato delle macchine nel futurismo italiano e sue differenze da quello russo / o dalla scuola tedesca. Strutture disciplinari e tecniche per piegare il corpo: dal panopticon alle prigioni della fantascienza: la macchina al servizio della repressione.


VI prego di mandare ( a tutti) i vostri contributi su questi e altri campi di confronto.
Come tempi, se riuscissimo a vederci intorno a metà del mese con un tema deciso, potremmo fissare l'inizio dei lavori seminariali per metà gennaio.
Un saluto circolare, e ricordatevi:
Nessuno si aspetta mai l'inquisizione spagnola.

Giacomo

seconda mail_ Raoul, 4 dicembre 2005

Caro Giacomo

ti ringrazio per l´aggiornamento e ti rispondo subito. Quanto all´ipotesi di trovarsi con la meta´di questo mese e, eventualmente, di cominciare l´attivita´seminariale con la meta´di gennaio 2006, non posso dire altro se non che non potrei/potro´ esserci, non potrei/potro` comunque per allora preparare qualcosa di interessante e intelligente su uno dei due temi proposti dalla redazione. Questi mi paiono validi, ma mi riservo il diritto di ritornare sulla metodologia da seguire in merito all´argomento, che e´trasversale, aperto, interdisciplinare nonche´interclassista, tutte cose che incontrano piu´o meno il mio favore e mi fanno credere che il taglio della rivista avra´- o forse abbia gia´- un che di post-moderno. E´giusto ricordare che lo spirito dell´iniziativa si colloca al di la´del solito contenitore editoriale in cui far rientrare forzatamente le competenze di ciascuno. Mi chiedo pero´, se non sia altrettanto giusto, in fase preliminare, verificare quanto si sia in grado noi stessi di "contenere" del tema proposto. Infine, mi viene di pensare che l´occasione di un lavoro di orientamento redazionale - e non di federazione di teste ricercanti - sia finalmente l´occasione per ridiscutere alcuni luoghi comuni, alcuni vizi di ideologia umanistica, che preformano e precostituiscono quasi sempre le nostre domande quando ci rapportiamo alla scienza. Per spiegarmi meglio ti faccio un breve esempio. Qualche tempo fa´un epistemologo tedesco di nome Hübner, aveva cercato di ridurre il dibattito tra teorie quantistiche e teorie di relativita´a una matrice di tipo mitografico: in buona sostanza e con buona pace dei fisici le teorie della scienza erano secondo lui ontologicamente uguali alle formule del mito. Entrambe infatti aspirano a una universalistica descrizione della realta´, poiche´entrambe implicano un sistema di spiegazione che poggia su presupposti sostanziali e teologici. Insomma, le teorie descrivono ma non si spiegano, cosi´come nella mitografia un intero mondo prende vita da un uovo o da un caos senza nulla sapere di quell´uovo e di quel caos. Tanto l´assunto matematico-fisico quanto l´uovo sono percio´non scientifici. Un paio di anni dopo, un epistemologo francese, Boudon, ha dimostrato come le teorie della scienza poggino in realta´su verita´che sono si´indimostrabili, ma che lo sono matematicamente e cioe´all´interno di un convenuto orizzonte di possibilita´di verifica, esclusivamente d´uso e consumo matematico. In matematica la dimostrabilita´o non di un assunto ha a sua volta un criterio di matematicita´, sostanziale certo, logico certo, ma mai del tutto analitico, che puo´percio´essere descritto/tradotto/organizzato attraverso un altro sitema di simboli. In tal modo la teoria scientifica tenta di spiegarsi verticalmente, cosa che nel mito non si verifica, poiche´fondamentale in esso e´ e sara´sempre il suo continuo tradursi orizzontalmente, ossia attraverso il tempo e la cultura. Tutto questo potra´sembrarti estrinseco e cervellotico rispetto alle nostre ben piu´umili intenzioni editoriali, eppure il caso e´esemplare perche´dimostra come nell´epistemologia ibrida, quella del "romanticone" umanista Hübner, manchi la necessaria distanza critica per affrontare secondo metodo il problema del mito a partire da una falsa definizione della matematica. Credo che noi si incorra nello stesso rischio, se prima non ci diamo una quanto piu´possibile solida e condivisa idea di cosa intendiamo con macchina, tecnologia, biotecnica, ecc. Da parte mia, visto ormai l´ ingresso ufficiale nell´arena, suggerisco magari di presentare insieme al titolo del proprio intervento, o in relazione a l´area di interesse, un referente di lettura, di consultazione, che sia enciclopedico, emerografico o saggistico, insomma a sostegno metodologico per capire di cosa si parla, in quale campo si vuole discuterne e in che termini se ne vuole rendere conto. Ho visto qui a Monaco, nella biblioteca di lettere, che esiste piu´di una rivista specializzata in materia (cerchero´di inviare nei prossimi giorni il titolo e la serie), e che lo stesso lessico tedesco di estetica annovera tra le sue voci "tecnologia" e "macchina". Ecco, questo e´quello che mi sento per ora, considerata la mia distanza (su tutti i fronti) dal lavoro in fieri a Bologna, di indicare personalmente per la riuscita di questo nostro sentito - e spero ancora da risentire - progetto editoriale.
Raoul Melotto

PS: Perdona l´uso paleolitico e un po´sessantottino dell´apostrofo, ma sulle tastiere tedesche non esiste la vocale accentata.

terza_Nicola_ 06 dicembre 2005

"cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate".
Mi aggiungo così alla lista dei partecipanti virtuali, dopo Giacomo e Raoul.
Innanzitutto, il formato della rivista. Credo che il formato "virtuale", o non-cartaceo, sia preferibile per tutta una serie di motivi: più accessibile, più veloce, più "leggero" rispetto a un foglio che necessiterebbe di tipografie quando non di editori, e che comporterebbe costi per la distribuzione (a meno che non lo si voglia distribuire noi, magari in p.zza Verdi, in magra concorrenza con spacciatori e venditori di bici rubate). Aggiungo che comunque non sono un esperto di editoria, e aspetto dal dott. Azzani eventuali correzioni.
Secondo: la rivista - cartacea o telematica non importa - non è certo una novità nè un'innovazione culturale. In rete, nelle biblioteche e nelle librerie sono a disposizione diverse centinaia (se non migliaia) di riviste. Per fare un esempio ridicolo, ho scoperto che ci sono nel mondo 4 o 5 riviste dedicate esclusivamente all'alimento "peperoncino": immaginatevi le riviste "culturali" redatte dai più svariati dipartimenti delle più svariate università, da gruppi di lettori fanatici, dalle case editrici, da singoli autori ecc... Come sempre, la varietà può disorientare e aiutare allo stesso tempo. Da questo punto di vista, i link presenti nel sito di Giacomo sono utili (secondo me soprattutto Il compagno segreto è accessibile, in via preliminare, a un gruppo come il nostro). Un'altra rivista tematica, non presente nei link, è Griselda Online. Messa in piedi in quattro e quattro otto dai "manager" di italianistica di Bologna, ha avuto subito un successo, per numero di visite, sorprendente. L'idea è semplicissima: un affastellamento di contributi di varia natura legati da un tema che cambia mensilmente - il corpo, l'inferno, lo straniero e così via. La genericità del tema proposto permette di ospitare articoli diversissimi tra loro, di allargare il bacino delle utenze, e di poter affermare cose del genere: "dopo sei mesi di attività, il progetto Griselda Online rivela una sorprendente ecc...
E qui mi ricollego a noi. Dai confronti che abbiamo avuto, è emersa chiaramente la volontà di evitare: 1) il "tema-raccoglitore" (nel senso "griseldiano", quindi: corpo, coprofagia ecc.) e 2) quello che si potrebbe chiamare il "tema-libero" (nel senso scolastico di libera esercitazione scritta sui propri interessi). Nella mail di Giacomo sono riassunte bene le proposte avanzate per superare questo primo gradino (che secondo me è anche il più difficile).
Credo che sia utile racContare come siamo arrivati all'abbozzo di quelle due "cornici" (che ancora non chiamerei temi). Parlando delle rispettive aree di interesse, sono risultate diversi punti di contatto: dalla razionalità strumentale (di weberiana memoria) attaccata negli anni '60 e '70 da Paolo Volponi, al rapporto di misconosciuta subalternità delle "lettere" nei confronti della "scienza" nella letteratura italiana (e non solo) del '900; dal ruolo e dal mito della macchina nelle avanguardie letterarie primonovecentesche, alla funzione della tecnologia all'interno degli apparati repressivi/coercitivi dall'800 a oggi: da questa molteplicità abbiamo estratto qualche termine-guida (v. ancora la comunicazione di Giacomo).
E' chiaro che si tratta, come in Val di Susa, di un primo carotaggio: di un tentativo, cioè, di sondare le possilibità di un "campo" comune. Riguardo ai rilievi monacensi di Raoul, sono d'accordo sulla necessità preliminare di una (bourdieusiana) "definizione di campo", in modo da estirpare, in embrione, la "yerba mala" (si scrive così?) dell'analfabetismo scientifico dell'umanesimo italiota. Credo però eccessivo, o comunque prematuro, dato il modo "spontaneo" in cui i temi sono emersi - e soprattutto vista la natura ancora provvisoria degli stessi - introdurre nella discussione specialismi settoriali quali storia della scienza. Quello che mi piacerebbe, anche e soprattutto in previsione degli incontri seminariali, è esercitare quella libertà di esporsi e di controbattere, che magari in altri momenti risulta un pò compressa dall'istituzione (e dalla competizione).
Ho scritto troppo, e devo andare: devo tenere una conferenza in Val di Susa, sul tema: "Tecnologia e montagna: la trivellazione delle Alpi dal punto di vista degli attanti".
Un saluto a tutti
Nicola

Raoul, riviste

Cari tutti

segnalo i titoli delle due riviste tedesche che affrontano la letteratura sub specie(m) scientiam:

Neusprachliche Mitteilungen aus Wissenschaft und Praxis

Sprache im technischen Zeitalter;

e per chi sempre se la cavasse con il tedesco, ricordo che dentro l´ÄGB (Ästhetische Grundbegriffe), la ricerca intorno alla tecnologia puo´essere per anelli di contiguita´tematica, in un certo senso tra loro circoncentrici, allargata o ristretta seguendo le voci seguenti:

Nuovii media/ Materiali/ Tradizione-innovazione/Urbanismo/Estetica delle merci e Industria culturale.

A risentirci a presto

Raoul

Elisa scrive _ 7 Dicembre

cari tutti,

mi scuso prima di tutto dell'assenza nella prima riunione.Dunque ho cercato quanto prima di rispondere alle prime sollecitazioni,ma considerata la mia lentezza estrema nel leggere le cose sullo schermo ho dovuto stampare, leggere attentamente le proposte, le obiezioni, le cosiddette tavole tematiche (temevo di scrivere qualche sfondone insensato) etc etc:lo so,una cosa lunghissima.

In primis, avrei qualche piccolo dubbio essendo informata, diciamo, solo tramite le varie e-mail: leggo che l'argomento tematico o "cornice" è comunque molto ampio (uomo e tecnologia, corpo-uomo-macchina), seppure non così generico come il corpo,il nulla etc. Ho capito quindi che dentro al contenitore possono coinvivere tutta una serie di micro-argomenti sensibili all'esperienza di studio di ciascuno...

sì,credo giusta l'obiezione di definire meglio i termini del discorso.:tecnologia, macchina etc. A me personalmente suggeriscono molte cose, ma non so quanto possano essere inerenti al progetto che avete pensato. Mi sembra anche giusto (e naturale) segnalare un referente bibliografico,come è stato detto-o meglio scritto- Ora che ci penso sarebbe curioso pensare di redigere un articolo interamente sui significati delle voci "tecnologia", "macchina" etc: una specie di saggio freudiano sull'unheimliche,curioso svisceramento di una sola parola. Del resto sarebbe banale pensare alla macchina per quel che è oggi solamente. Non so in quale delle e-mail mi pare d'aver letto anche qualcosa sulle macchine fantastiche di Verne.quella sì che mi pare un'idea geniale(proprio in queste notti mi è capitato di "salire" sul nautilus ....).
Altre idee, parlandoci proprio in termini freschi e semplici (purtroppo non sono una letterata pura e un pò mi vergogno): mi vengono in mente tutta una serie di questioni sulla macchina, dal cinema (la macchina burocratica di
Brazil, il mondo sovraffollato di marchingegni e macchinari umani di Blade Runner, ed anche il vecchio Metropolis...),al teatro (performance legate alla reciproca stimolazione di macchina e attore), alla musica (sto scrivendo, proprio ora, una pagina introduttiva su un artista -tale Zazou, francese-che ha scritto una partitura elettronica, contemporaneamente ad un
pittore che dipingeva in video: sì, due folli). In effetti, ora che ci penso, mi vengono in mente anche le macchine di
Duchamp ("la sposa", coi suoi cigolii sensuali!Così, ancora: il rapporto sensuale uomo-macchina.) insomma, è probabile che io pensi a questi argomenti in maniera impropria rispetto al progetto editoriale. Aspetto per
questo un vostro chiarimento. Ho visitato anche il sito del Compagno segreto: che grafica.... ! mentre leggevo,tra l'altro, ho scoperto un richiamo,una risonanza curiosa, in termini tecnici un "motivo", che mi piace segnalarvi (ma forse è un discorso troppo lungo...): il "compagno segreto" di conrad non è altro che il "motivo del compagno di viaggio",presente anche
nel Libro di Tobia e in Andersen. Si tratta di un personaggio spettrale, un angelo,un messaggero.Insomma, vi sto davvero annoiando.
Vi saluto tutti. Elisa

Giacomo Scrive _12 Dicembre

Cari tutti,

vi scrivo per tentare di fissare il prossimo appuntamento, cercando per quanto è possibile di venire incontro alle esigenze di tutti, e di dare alcune informazioni.
- Purtroppo la coperta è corta, dunque qualcuno (ahime) resterà forse comunque fuori. Vi prego di farmi sapere al più presto (chi non lo avesse già fatto) quando posso fissare il prossimo incontro tra i giorni di: sabato 17 / domenica 18/ lunedì 19. Temo che l'opzione vincente (a quanto ricordo) sarà proprio l'ultima, ma vi prego di dirmi come siete messi, forse riusciamo a salvare capra e cavoli. Ditemi anche l'orario "massimo" di partecipazione. So che alcuni (Samanta Ndr) hanno un Bruno che li aspetta a casa e che non possono fare tardi.
- un mio piccolo contributo, sconclusionato.
A proposito del concetto di tecnologia, mi sono accorto che nelle enciclopedie on-line (è domenica, non ho potuto vedere altro) la più riduttiva (e corriva) è naturalmente la DEAgostini, che riduce la cosa a " Insieme di studi intesi a precisare in termini di razionalizzazione scientifico matematica i vari processi tecnici mediante i quali le materie prime si trasformano in prodotti finiti: tecnologia del legno, del vetro, delle costruzioni; tecnologia tessile ecc. ". Italiani... Non per nulla Borges aveva letto la Britannica già a quattordici anni: la sua definizione (di 27 parole, quella intera, a pagamento, è di migliaia) recita: "the application of scientific knowledge to the practical aims of human life or, as it is sometimes phrased, to the change and manipulation of the human environment…". Infine i Canadesi di Agora, che non danno una vera e propria definizione quanto piuttosto un pippotto su cosa vuole o non vuole dire il termine per noi giovani d'oggi. Secondo Bigelow, citato nella "definizione" di Agora, il termine tecnologia " désigne la technique en tant que fondée sur la science moderne, par opposition aux techniques traditionnelles, celles du violoniste ou du peintre par exemple, qui étaient d'origine empirique".
Mi ritrovo molto di più nella definizione di Britannica e di Bigelow. E da queste due parto per esporvi le riflessioni che ho fatto intorno a due libri letti in questi ultimi giorni, completamente (ma davvero?) diversi l'uno dall'altro. Uno è di Emilio Quadrelli, un sociologo della devianza che ha pubblicato quest'anno "Gabbie metropolitane. Modelli disciplinari e strategie di resistenza ; Ed Derive e Approdi 2005" . E' un libro che parla di come sia cambiata la società italiana dagli anni settanta ad oggi, e le meccaniche interne che hanno portato alla situazione attuale. Quadrelli dice, in sostanza, che mentre sino agli anni settanta il metodo disciplinare del carcere (un modello scientifico di controllo, studio, analisi e correzione del detenuto; un sistema composto da diversi saperi scientifici - medicina, psicologia, sociologia, psichiatria - che analizzano il deviante trasformandolo allo stesso tempo in un paziente e in un punito, in un esperimento e in un supplizio (è tutto Foucault, niente di nuovo sotto il sole)- mentre, dicevo, sino a quegli anni il sistema è mantenuto all'interno del carcere, dagli anni ottanta e novanta in poi il sistema si diffonde a macchia d'olio. Non sono solo i carcerati ad avere un trattamento simile, ma anche i tossici, i disadattati, i poveri. Tutti gli elementi che non si fanno inglobare nel mondo comune vengono trattati come malati. Insomma, un metodo tecnologico (cioè un'applicazione al mondo e al comportamento umano - al fine di migliorarlo - the application of scientific knowledge to the practical aims of human life) di trattare determinati comportamenti umani, considerati devianti. Il secondo ilbro è "Intelligenza e pregiudizio. Contro i fondamenti scientifici del razzismo", di Stephen Jay Gould, Milano NET 2005. Il libro è vecchio, e se la prende soprattutto con la mania americana della misurazione del QI come metodo per incasellare e giudicare i comportamenti dell'individuo in maniera esatta. Il titolo originale è molto più intrigante: the mismeasure of Man. Comunque mette bene a nudo (e da scienziato, pizzicando sul metodo, non sul principio) la nascita di teorie scientifiche a favore di una determinata superiorità di un determinato gruppo (che, guarda caso, è quasi sempre il ceppo bianco nordico wasp...chissà perché?) sugli altri, siano essi donne, neri o poveri. La tecnologia per riuscire a rispondere al quesito cardine di tutte le società: perché ci sono i superiori e gli inferiori? E soprattutto, perché è giusto che sia così?
Tutto questo lungo racconto (in realtà avevo voglia di parlare di sti' libri e non ho incontrato nessuno per due giorni...) per indicare il legame forte tra tecnologie e controllo sociale (e politico). E la letteratura? Se proprio a qualcuno interessasse, la letteratura (come dice Adriana Cavarero) è il discorso del Who, mentre la scienza (la Cavarero intende quella giuridica, ma mi permetto di estenderla alle tecnologie di controllo) è il discorso del what. Gli psichiatri, i sociologhi, i medici, i frenologi guardano al deviante come un numero, come una COSA. Il deviante, quando può, si appropria del discorso non suo (la letteratura) per ribadire il WHO, la propria individualità contro un interno sistema (peraltro, scientificamente fondato e dunque INDUBITABILE), la propria personalità complessa... eccetera eccetera (è un eccetera lungo quanto la parte sociologico-teorica). E se dovessimo andare all'ottocento, le teorie del controllo e dell'analisi sociale sono già ben assimilate e presenti da tizi come Balzac, Tolstoj, Zola, e altri più famosi di cui non ricordo il nome.

Sono stato lungo e vi prego di scusarmi. Dovevo parlare di questo anche perché voglio chiedervi se ho preso un granchio o se secondo voi la definizione ci possa stare. Senza discutere il fatto che, quando ci guarderemo in faccia e vedremo come vanno tutti gli altri, se la definizione di tecnologia diventasse più ristretta cercherei un'altra via.

Un abbraccio collettivo,
Nobody expects spanish inquisition

Giacomo

Nicola scrive 28 dicembre

Cari compagni di studio,
innanzitutto vi giro un messaggio di auguri natalizi particolarmente significativo: "Buon Natale a tutti. Limitate l'assunzione di cibi ad alto contenuto di colesterolo: ricordate che in questi giorni Egli è nato, non morto".

Dopo questi ameni convenevoli, volevo mettere in circolazione una serie di riferimenti bibliografici rubati al libro di Pierpaolo Antonello, IL MENAGE A TROIS. SCIENZA, FILOSOFIA, TECNICA NELLA LETTERATURA ITALIANA DEL 900 (Le Monnier Università).
E' un libro la cui impostazione merita di essere presa in analisi, chiaramente pensato da una mente che risiede da ormai diversi anni in paesi anglosassoni: comincia col dire che il binomio Literature and Science, lungi dall'aver attecchito in Italia, è ormai dagli anni '80 un ambito disciplinare consolidato, in America e ìn Inghilterra... Rispetto al nostro progetto, è forse un tantino collaterale, perchè in fin dei conti si tratta di problemi epistemologici o di "cultura nazionale" - la vituperata mannaia crociana in Italiana, che ci avrebbe condannati a secoli di oscurantismo idealistico e di ignoranza scientifica... Ma forse è meglio parlarne a voce o comunque in altra sede.
Volevo soltanto accennare che Antonello fa una distinzione tra "tecnica" e "tecnologia" abbastanza interessante: la prima viene intesa come "arte", "procedura costruttiva", che gli permette di riallacciarsi alla grande tradizione umanistica e rinascimentale italiana (aiutato da Calvino); mentre la seconda - la "tecnologia" - incarna il classico oggetto della critica dei soliti cacciapalle tedeschi (Heidegger, Junger, poi copiati da Vattimo ecc.): "sovrastruttura automatizzata", "impianto"...

Per ora basta. Ecco qua qualche titolo:

C.P. SNOW, Le due culture, Feltrinelli 1967 (durante l'era dell'automazione e dell'alienazione, pare che questo libro facesse molto discutere, prima di essere del tutto dimenticato)

BATTISTINI, Letteratura e scienza, in "Lett. ital. contemporanea", a cura di G. MARIANI e M. PETRUCCIANI, Roma 1982 (vedi gli italianisto come erano avanti negli anni '80...)

C. BERNARDINI, T. DE MAURO, Contare e raccontare. Dialogo sulle due culture, Laterza 2003 (Questo forse è il più interessante, anche perchè è il più recente)

Magari nei prossimi giorni faccio un breve, brevissimo riassunto del libro poi ve lo invio (il libro, io mi tengo il riassunto. Scherzo).
Un saluto a tutti e buone feste

Nicola

Ultime news riunione 18 Gennaio

Carissimi,

vi aggiorno sulla riunione di oggi. Purtroppo, Sara aveva un impegno, e Samanta problemi con la viabilità pubblica , con gli altri abbiamo raggiunto alcuni punti fermi, e alcuni piccoli compiti da svolgere per tutti entro questa settimana.

Prima il dovere: Dovreste scrivere il titolo e qualche riga riassuntiva del lavoro che intendete presentare, riferendovi anche al seminario pertinente (diciamo che la divisione -momentanea- dei seminari va per coppie concettuali costruite sulle nostre quattro "parole chiave" : uomini-corpi-strumenti-macchine). Vi chiederei inoltre di aggiungere (se vi vengono in mente) altre idee e spunti di ricerca, che ricollegate a questo o quel seminario, anche se poi non intendete svolgerli. Dovremmo riuscire a elencare, negli appels à contribution, una serie di riferimenti a cui gli altri possano ispirarsi. Darei una settimana di tempo per questa consegna (25-26 gennaio), spero non ci siano problemi: sono giusto due idee in croce. Questo lavoro funzionerà come parte di prova generale del lavoro "in pubblico" che dovrebbe partire, se tutto va bene, a fine febbraio.

Abbiamo pensato a una riunione "allargata" per la prima settimana di febbraio, in cui confrontarci sulle nostre proposte, e lavorare una prima volta in gruppo, come poi faremo nei seminari. So che è una data vicina, ma così riusciremmo a far partire i lavori comunitari (pubblici) alla fine di febbraio... non sarebbe male.
nei prossimi giorni apro un blog, in cui metterei tutto quello che abbiamo già fatto, più le indicazioni bibliografiche eccetera. E' un metodo veloce per tenersi in contatto, e siccome tutti possono metterci parola, non avremmo più parte dei disguidi legati alle mail (spero).

Spero sia tutto chiaro (o quasi).
Baci e abbracci lungo tutti i paralleli che ci separano.

Giacomo

Dimenticavo. Se avete in mente qualcuno che potrebbe partecipare al primo seminario allargato di prova di inizio febbraio, contattatelo, e fatelo venire.
Al più presto riferirò la data del seminario di febbraio (fatemi sapere, in fretta, se avete impegni_ cercherò di accontentare tutti).

Risposta Raoul 19 Gennaio

come stai? io mi trovo ancora in quel di Monaco, e ci resteró per tutto febbraio e buona parte di marzo. Il lavoro mi assorbe completamente, al solito su piú fronti e su sempre minori guadagni. Come puoi immaginare non saró dei vostri né in febbraio né in marzo, purtroppo. Considerati i limiti impostimi dall´impegno e dalla distanza, propongo due contributi, con scadenza a tempo indeterminato (compatibilmente con il sorgere della rivista, i temi a venire ecc): 1. l´impatto della metropoli (intesa anche come organismo tecnologico e automatico) sui letterati della Jahrhundertwende; 2. il problema di alcune definizioni - di concetto dunque - (vedi le nostre "corpo, macchina") a partire dai nuovi materiali tecnologici (digitali, nanotecnologie, ecc).
A proposito! Ho letto la bozza. Mi sta bene, a parte i dieci minuti previsti per il resumé (quando mai conterró la mia proverbiale logorrea in cosí poco tempo...!) e la stessa pemessa al problema di come definire il nostro campo di ricerca. Su quest´ultima avrei da ridire, perché sono un inguaribile rompiballe quando si tratta di metodo. Sia chiaro, operativamente e´la cosa migliore: si deve pur sempre cominciare da qualcosa... ma e´poi cosí vero che nelle scelte fatte sinora, ci siamo mossi a prescindere da una definizione di cosa sia tecnica o tecnologia? Pensa a come si muove PP Antonello nella sua indagine: sembra non poter fare a meno di quella atavica distinzione (puramente teorica) tra techne e techneia (ars-technicum vs technologia). Dualismi simili condizionano da anni ormai il modo di ricercare, di interrogarsi di tutti coloro, noi compresi, che provano a contribuire originalmente all´indagine umanistica. Ma opposizioni comme questa aiutano a sgomberare il campo senza piú chiedersi criticamente se mai una simile idea di arte o di tecnica abbia davvero riguardato il pennello di Klee, la penna di Valéry o il clarinetto di Gershwin.
Il problema piu´difficile, al contrario, sarebbe rintracciare nel passato, non solo il piu´recente, quegli esempi in cui una simile distinzione non regge o, ancor meglio, non serve a comprendere e gustare il fatto artistico, che e´pur sempre prodotto di una comunicazione, di un sistema di valori e di un orizzonte di aspettative sociale. Come tale esso non puó che ripudiare la gabbietta di qualsiasi dicotomia in cui non si esprima al meglio l´irriducibile modo di operare di una tecnica che e´detta arte e riconosciuta come tale in un contesto o rispetto (dall´esterno) a quel contesto. Essa ha le sue leggi e una sua ragione che appartengono culturalmente, per alteritá, alternanza o addirittura compresenza (pensa a cosa intuivano quei santi di Lotman e Uspenskji in proposito di storia dei modelli culturali) a una stessa comunitá storica. La cosa, certo, si fa piú difficile ma non mancano dei precedenti: su questo terreno si sono giá mossi Jonas (che dallo gnosticismo dell´era cristiana e´passato a studiare bioetica), Millner (che marxisticamente ha di continuo indagato il territorio delle fantasmagorie tecnologiche della borghesia europea), quel geniaccio di Musil (in alcuni di quei micidiali saggetti dove parla di pensiero razioide e di ratio artistica) e il nostro mai abbastanza compianto Ernesto Grassi (che ha speso un´intera esistenza a precisare e rendere piú problematiche le coordinate del pensiero umanistico-classico). Mi sento di dire perció, con pace della nostra coscienza, che un problema di definizione sussiste, resta, e forse e´meglio che continui a restare, previa la dignitá di ció che ostinatamente continuiamo a chiamare o identificare con il nome di scienze umane. L´importante e´ricordarsene e ripartire tutte le volte da un punto critico del discorso, ossia da una revisione quanto piú vasta e rigorosa possibile dei nostri (non solo di noi umanisti dunque) preconcetti, di idee accolte e riprodotte passivamente. Pensa soltanto, e con questa chicca ti lascio, che chiaccherando con un filologo tedesco qui ha Monaco, ho scoperto che il concetto di Heimweh (Nostalgia di casa), ha una radice storico-etimologica legata al mondo delle malattie e della scienza medica tardomedievale, e che in quest´accezione il termine continua a sopravvivere in pieno ´800 (nelle opere di Jakob Berneys) e si conserva persino nel secolo scorso, in un seminario tenuto da Karl Jaspers nel 1930.
Ti saluto caro Giacomo, ti abbraccio e resto come sempre in attesa di tue nuove
Raoul

Ri_risposta a Raoul

Carissimo,

felicissimo di risentirti. Grazie mille per i contributi. Per quanto riguarda i dubbi sulla definizione del campo, hai ragione: sarebbe stato più corretto (ma anche lungo da spiegare) dire che partiamo da definizioni correnti o comuni di tecnologia, così come erano venute fuori da alcuni riferimenti enciclopedici (in particolare la Britannica e altre). Le quattro parole chiave sono apparse mettendo insieme quelle definizioni. Il problema definitorio è giusto che ci sia e direi che dovrebbe comparire spesso nelle nostre discussioni , anzi, è doveroso porselo sempre. Il progetto, lungi dall'essere all base del nostro lavoro, credo serva più per mettere la testa fuori e vedere che aria tira (espressione gergale tipica di certo acccademismo italiano...). Per quanto riguarda la tempistica, dieci minuti sono pochini per tutti, ma dovremmo sforzarci di dare importanza alla discussione. Comunque, avremo modo di trovare un punto di intesa.
Mi permetto (come sempre) di mandare a tutti gli altri il tuo contributo.
Grazie ancora, un abbraccio (stavolta circolare),

Giacomo