mercoledì, febbraio 22, 2006

Promemoria

Il primo incontro-seminario-riunione redazionale è fissata, come tutti sapranno, per martedì 7 Marzo alle ore 15 presso l'aula Forti, via Zamboni 32.

giovedì, febbraio 16, 2006

habemus datam

martedì, febbraio 14, 2006

Raoul, Pasolini, news

Caro Giacomo
ti riporto qui di seguito i mails scambiati con Luigi Virgolin. Ti chiedo cortesemente di inserirli nel blog, così che tutti possano esserne tenuti al corrente. Da qui non ho ancora avuto modo di capire come sfruttare a pieno le risorse del blog. Che vuoi farci... tastiere tedesche, comandi tedeschi, mac tedesco... e soprattutto ignoranza italiana in materia. Grazie per il supporto informatico, a presto
Raoul

Caro Raoul,
l'impostazione che state dando al vostro seminario mi piace molto e mi
incuriosisce, dunque ribadisco volentieri la mia adesione. Direi che
l'appuntamento di maggio per me è preferibile, così evitiamo i tempi
stretti che riservano sempre sorprese. Comunque sia ci teniamo in contatto.
Ciao e buon lavoro.

Luigi


Centro Studi - Archivio
Pier Paolo Pasolini
c/o
Biblioteca della Cineteca
del Comune di Bologna

venerdì, febbraio 10, 2006

Raoul, Pasolini

Caro Giacomo

ho conosciuto ieri sera al Filmmuseum di Monaco Luigi Virgolin, membro del fondo P.P Pasolini di Bologna. Gli ho parlato brevemente della nostra iniziativa, nonché dell´interesse da parte mia/nostra di studiare l´aspetto del corpo nell´universo PPP. Gli ho così chiesto, se in uno dei nostri eventuali incontri sul tema, se la sarebbe sentita di venire a parlarcene: trattandosi di ragazzo serio, giovane e simpatico, ha ovviamente risposto di sì. Per cui conterei, quando sarà il momento, di farlo venire e di coinvolgerlo nella nostra discussione. Devi sapere che da anni si occupa di recuperare i "corpi perduti" del cinema di Pasolini, curando il restauro delle pellicole e il reperimento e la catalogazione di materiali fotografici raccolti in numero biblico da Laura Betti. Ieri sera ci ha mostrato un documentario su un episodio andato perso del Decamerone, povero nella forma (forse un po´troppo artigianale), ma ricchissimo nei contenuti. Per introdurlo, Luigi ha proprio accennato alla passione dell´ultimo Pasolini per la documentazione di corpi in pericolo, minacciati dall´espansione su scala mondiale di un nuovo modello di consumo: tra questi (e l´argomento mi sembra di sorprendente attinenza con il nostro seminario) quelli della città e degli uomini legati alle vecchie culture del popolo, a un sopravvivere in certe parti del mondo (ad es. in Oriente, in Africa) di tradizioni archittetoniche e urbanistiche di tipo sacro, mistico. Insomma, è legittimo pensare che in Pasolini si delineasse sempre più quell´urgenza a descrivere e mettere in risalto corpi che simbolicamente attestassero la fine di un mondo e di un insieme di valori ritenuti (umanisticamente) millenari. Ormai incapace di trattare il corpo (umano, urbano, sociale) come elemento di una dialettica di stampo razionale e/o ideale, ma anche costretto dal suo presente a veder crollare gli utlimi residui di un´umanità archetipica (nei riti del popolo, nel folclore, ecc.), Pasolini accetta e sviluppa il suo lavoro intellettuale come una missione estetica, ai limiti della luttuosità, vale a dire teorizzando non solo un corpo in pericolo (ad es. quello della Trilogia della vita), bensì anche un corpo complice della stessa ideologia che lo minaccia (vedi i carnefici e le vittime di Salò), e perciò non più rinpianto né da rimpiangere. Quello che mi sembra rilevante in tutto ciò, è la rinuncia da parte di un marxista come Pasolini al riscatto della storia: in lui non vi è quel senso dell´attualità che permette, come in Benjamin, di far irrompere con l`uso di immagini dialettiche (anche qui studiando il corpo urbanistico e i segni della sua storia) il passato nel presente, né pertanto - secondo lo stesso principio - di proiettare teologicamente una redenzione del tempo del lotta di classe nel futuro. Insomma, stiamo parlando di un marxista senza fede, di uno storicista senza idoli della storia, di uno junghiano senza archetipi. Una simile posizione, paradossale e apocalittica, non è (non può essere) esistenziale o nichilista. Mi viene da pensare, piuttosto, a quei personaggi della Bibbia, come Isaia o Geremia, che costruiscono e usano la parola contro il potere più grande, denigrando loro stessi e coloro che vorrebbero riscattarli; che si espongono, e che per questo necessitano di un deserto per restare soli e per gridare il loro lamento.
Spero di poter ritornare su questo e su altre cose, non appena sarà possibile. A presto

Raoul

giovedì, febbraio 09, 2006

Raoul dice:

Caro Giacomo

i tempi da te proposti sono davvero stretti, tanto più che devo rispettare certe scadenze relative al mio soggiorno di ricerca: mi è perciò difficile essere pronto a cominciare già con il mese prossimo. La proposta di collocare gli incontri nella seconda settimana di ogni mese può andarmi bene, tieni conto però che quelle di marzo e aprile sono "hors limites" per me: a marzo consegnerò e produrrò non so quanti documenti per ottenere fondi, borse e borsette; devo inoltre sistemare entro la fine dello stesso mese un vecchio lavoro, ormai in sospeso da troppi anni, sui Sonetti a Orfeo di R. M. Rilke. In aprile sarò dal 3 al 12 di nuovo in Germania, all´archivio di Marbach. Il tema su cui vorrei intervenire e discutere in sede seminariale, come ti è stato accennato da mia moglie, sarebbe il "corpo" nell´universo critico, letterario e cinematografico di P. P. Pasolini. Per parlarne, vorrei illustrare il modo affatto particolare con cui P. cerca ogni volta di ricondurre il fenomeno sensuale-sessuale-corporale ad un sapere di stampo oggettivo, come quello semiologico o sociologico o determinista, al quale egli si affida quasi sempre con ardore e sorprendente applicazione (tra i maligni, in passato, c´è chi ha parlato persino di un P. "neopositivista"). La tecnologia (che come voce del nostro programma a coppie devo qui intendere indicativamente legata a un paradigma delle scienze umane di quel periodo: strutturalismo in primis), rientrerebbe nei miei intenti in qualità di "controaltare" sia tematico che teorico di un "corpo" che P. vuole a tutti i costi esaltare come traccia residuale di un passato mitico e irrecuperabile, in quegli anni, insomma, in cui in Italia l´autore si occupa del passaggio epocale da un sistema di produzione paleo- ad uno neo-capitalistico. Vi rientrerebbero a pieno diritto le raccolte di articoli scritti tra il 1963 e il 1975 (da Empirismo eretico alle Lettere luterane) e quei film dove più forte è l´attenzione di P. ai corpi (delle cose, ma soprattutto degli uomini) alienati, sezionati e distrutti, secondo lui, da una nuova ideologia del potere (Teorema, Salò). Questo è quanto potrei discutere con voi, testi alla mano, in tempi utili; le mie precedenti proposte (città-macchina e materiali-nuove tecnologie) non potrebbero essere disponibili prima di chissà quale data. Un titolo per il mio contributo pasoliniano ancora non ce l´ho, spero che da queste poche indicazioni tu possa tirarne fuori uno provvisorio. Ma "titolato" o meno, si tratterebbe comunque di un intervento "postumo", da inserire nel mese di maggio o oltre. So che questo potrebbe creare dei problemi, visto l´intenzione di cominciare proprio dai "corpi". Mi rimetto, come vuole costume, alla redazione, convinto che una soluzione sia pur sempre possibile. Ti abrraccio e resto in attesa di tue notizie

Raoul

domenica, febbraio 05, 2006

titoli fino ad ora

Perdonatemi, ho fatto un mero copia-incolla, ma avevo bisogno di capire a che punto siamo.

N. Barilli:
"Il passaggio dall'espressionismo alla Neue Sachlichkeit: la tecnica tra rifiuto e apologia".
S. Picciaiola:
(Uomini–macchine): “(…) alcuni passaggi, a inizio secolo, relativi alle figurazioni dis-umanizzanti (manichini, automi, homme-cible) negli Chants de la mi-mort di Alberto Savinio, alias Andrea De Chirico.”
I. Tchehoff:
Critica della società tecnologica nella letteratura degli anni Sessanta
(Uomini, corpi, strumenti, macchine). Mi interessa la critica della società tecnologica nell’opera di Volponi, che ha punti comuni con il pensiero della scuola di Francoforte.
E. Brilli:
1-Mappature del nuovo mondo. Le geografie virtuali
2-La civiltà delle macchine dada
3-Gli angeli-macchine di Blade Runner.
(P.Bertetti,C.Scolari "Lo sguardo degli angeli: intorno e oltre Blade Runner")
4-Blow-up: l'occhio meccanico.
(F.Alinovi,C.Marra "La fotografia.Illusione o rivelazione?" Bologna. Il Mulino 1981)
R. Melotto:
1. l´impatto della metropoli (intesa anche come organismo tecnologico e automatico) sui letterati della Jahrhundertwende;
2. il problema di alcune definizioni - di concetto dunque - (vedi le nostre "corpo, macchina") a partire dai nuovi materiali tecnologici (digitali, nanotecnologie, ecc).
G. Mannironi:
Rappresentare e punire: le tecnologie di controllo sociale nella letteratura.
(strumenti – uomini – corpi)
S. Panazza:
(uomini e macchine): titolo, seppur provvisorio: " metamorfosi meccaniche: verso un'antropologia dell'artificiale"
Focus dell'analisi sul momento della metamorfosi, del passaggo dal regno umano a quello tecnologico. Aspetti antropologici della metamorfosi.
Analisi delle modalità di passaggio dalla metamorfosi animalesca a quella meccanica:ipotesi sui motivi storico-sociali di tale inversone.
M. Azzani (strumenti-uomini): Progetto:
Indagare lo sviluppo delle discipline statistiche (o della sociologia morale) dal ‘700 a oggi in relazione al loro impatto sull’immaginario collettivo, dall’idea di scienza “etica” o sociale a dottrina di necessità, fino alla rivoluzione indeterministica del ‘900; dal casualismo frenologico di Balzac alla disputa con l’ “antistatistico” Auguste Comte, fino ai fraintendimenti attuali del rapporto arte/scienza (e ai casi eclatanti di ispirazione scientifica fraintesa, Picasso, Dalì, Pynchon…).
Se l’interpretazione della comunicazione come puro mezzo di trasporto data dai francofortesi si è rivelata molto limitata, la statistica (che è elemento costitutivo della comunicazione sociale moderna) come può essere considerata? Se la computazione delle nostre abitudini è essa stessa strategia e comunicazione, perché di questa non viene fornita una rappresentazione adeguata? La statistica è un dono/rito, nell'accezione data da Marcel Mauss nel suo “Saggio sul dono?”.


Io vedo dei punti di contatto fin da adesso. E voi?
a Lunedì,


Giacomo

sabato, febbraio 04, 2006

idea progetto_giacomo

Ciao a tutti,

penso di proporre una riflessione sulle tecnologie di controllo, e in particolare sul Panopticon/carcere. Sono forme che hanno avuto una grande influenza nell'immaginario. Secondo la classica divisione cronologica di Foucault tra carcere "antico" e "moderno", è possibile rilevare (anche attraverso la letteratura) una tecnologizzazione della sorveglianza. Questo porta a strade differenti. O alla società del Panopticon "rovesciato" (quella di 1984, ma gli esempi sono centinaia), in cui tutti, non solo i devianti, vengono sorvegliati e monitorati continuamente; o alla paura - sempre presente - dell'isolamento e della brutalità (Cecità; 1997 Fuga da New York) ; o alla sottile tecnica di piegare/controllare tramite mezzi non coercitivi (si pensi a Farenheit 451).

Sarebbe anche interessante lavorare su "strumenti" meno coercitivi, ma sempre volti a regolarizzare e normalizzare l'individuo e le masse. Penso all'uso della statistica demografica, alla frenologia, alle tecniche del QI (che sono, come già riflettevo in una vecchia mail, strumenti con alla base una conoscenza scientifica applicata a degli scopi umani).

In attesa di vederci il 6, vi abbraccio calorosamente

Giacomo

mercoledì, febbraio 01, 2006

Marco scrive

Cari tutti,

provo a dare una mano a Giacomo nella gestione dei dubbi e delle pulsioni creative nate e cresciute negli ultimi giorni. Confido che non se la prenderà.

Primo problema, la definizione di un metodo di lavoro e la restrizione del campo di indagine tramite un’adeguata definizione dei significati delle quattro parole chiave (e dei concetti trasversali). In prima istanza, non posso fare a meno di invitare tutti a inviare le proprie rispettive visioni sulle possibili dicotomie, sui possibili limiti, sulle morfologie incerte dei quattro termini che sono, lo ricordo: uomini, strumenti, corpi, macchine. Onde evitare rincorse inutili tra chi ha accesso alla discussione tramite media più o meno rapidi e chi risolve la questione verbalmente, suggerirei a chi ne ha voglia di inviare quattro belle (e brevi) definizioni, possibilmente documentate da bibliografia (sempre bella e breve). Napoleone muoveva le armate con veline di non più di una riga; noi possiamo fare una rivista con poca carta in più. Questo permetterà forse di recuperare il tempo perduto affiancando la risoluzione delle incertezze epistemologiche alla stesura dei primi abbozzi di contributi richiesti da Giacomo il 19 Gennaio per la settimana entrante.

Ciò che importa è che i lavori si pongano all’incrocio di due termini chiave, in modo da creare un minimo cortocircuito di riferimenti e contribuire a dare una forma più o meno densa alla massa in via di formazione. Per aiutare la visualizzazione, io immagino una semplice griglia bidimensionale creata dagli stessi quattro termini messi in ordinata e in ascissa. La definizione dei rispettivi temi di ricerca e delle accezioni dei termini chiave darà una profondità a questa struttura. Profondità varia e, se osservata da angolazioni diverse, mutevole, che è un modo balzano ma efficace, credo, per descrivere quello che vogliamo fare.

Secondo scoglio (e corollari pragmatistici): Giacomo ha attivato un blog per semplificare la gestione del crescente traffico di email. So che ci sono resistenze tecniche e ideologiche all’uso di questo prodotto del marketing delle grandi aziende di memorie informatiche. Suggerisco però a tutti di frequentarlo e di riversare prima di tutto lì i propri contributi. Si eviterà così di costringere Giacomo a preoccuparsi ogni volta che tutti abbiano ricevuto l’ultima mail di Tizio o Caio e si potrà risalire facilmente all’evoluzione della discussione su un certo tema. Intendete, insomma, il blog come un contenitore in cui ogni pezzo di carta depositato magicamente si archivia ed è facilmente recuperabile. Dovete quindi recuperare la mail di invito al blog inviata da Giacomo e seguire le istruzioni. Dopo la registrazione l’utilizzo del blog sarà più facile della gestione della propria posta elettronica.

Terzo scoglio: il limite di dieci minuti stabilito per la presentazione dei propri progressi al resto del gruppo e ai, si spera numerosi, invitati ha, dal mio punto di vista, un valore etico e professionale altissimo. L’idea, come ricordato da Giacomo, era quella di utilizzare il breve spazio per fornire ai presenti una versione del proprio lavoro totalmente funzionale alle loro ricerche, orientando la piccola presentazione verso l’individuazione di possibili sinergie utili agli altri più che a noi stessi. Si tratterebbe, insomma, di dire in poche parole a chi ci sta intorno che, rispetto al mese precedente, si sono fatte scoperte che possono essere utili a quello o a quell’altro in funzione di un argomento di cui sappiamo che si stanno occupando. Fornire, in modo assolutamente gratuito, un suggerimento: non so quale sia la vostra esperienza accademica, ma mi è capitato di osservare un metodo simile solo una volta. Piuttosto lontano da Bologna, peraltro. I dieci minuti sono poi un utilissimo esercizio di sintesi, dannati umanisti…

A questo punto gli annoiati possono ritirarsi con la coscienza tranquilla. Da qui in poi cercherò di rispondere agli argomenti di Raul e Nicola in merito alla definizione di tecnologia dalla quale dovremmo partire. La distinzione ricordata il 19 Gennaio da Raul, e ripresa dal libro di Pierpaolo Antonello (Nicola, 28 Dicembre), tra techne e techneia è secondo me molto interessante ma anche molto fuorviante rispetto al nostro lavoro. Per due motivi. Uno, il più banale, è che questo tipo di distinzione è nato e si risolve solo all’interno del cosiddetto mondo umanistico. Le scienze matematiche e naturali hanno invece fatto della mancata risoluzione di questa dicotomia la loro forza, senza proclami teorici – e probabilmente anche senza l’applicazione di un pensiero critico adeguato – procedendo a una continua sovrapposizione dei due piani, utili uno allo sviluppo dell’altro. Basterebbe ricordare, ad esempio, la nascita della scienza sperimentale così come la si intende oggi: fu l’esperienza della verifica dei modelli teorici proposti (fase in cui il quoziente di artigianalità è elevatissimo, i grandi scienziati rinascimentali e moderni erano soprattutto grandissimi smanettoni) a suggerire la nascita di una teoria capace di misurarne l’efficacia (teorizzazione) al fine di comprovare la loro validità e passare a una ulteriore fase di teorizzazione e di verifica del modello. Di più, la teoria dei numeri si trovò a dover fornire anche una valutazione dell’errore commesso, sia nella fase di previsione e stima dei risultati sia in quella di misurazione vera e propria. È vero che solo pochissimi fisici, anche tra i più famosi, possono dirsi grandi teorici e grandi sperimentatori, ma questa distinzione è apprezzabile solo all’interno del ristretto mondo scientifico, dove i margini labili sono ben conosciuti e vengono caricati del giusto peso: fuori da questo mondo essi non hanno ragione di esistere e infatti pochi saprebbero distinguere tra i polivalenti Fermi e Einstein, i teoricissimi Heisenberg o Dirac e i numerosi e meno noti sperimentatori con i quali collaboravano…

Di questa mescolanza necessaria tra tecnica e tecnologia, rafforzata peraltro dalle ragioni sociali ed economiche che hanno spinto alle grandi scoperte scientifiche (argomento su cui è meglio non addentrarsi ora) il sapere umanistico sembra non essersi accorto. Questo, a me pare, è solo un aspetto di quel gap tuttora aperto tra il sapere scientifico e quello umanistico che si cerca continuamente di colmare ricorrendo a due distinte metodologie: la creazione di una “metafisica” progressiva delle singole discipline, operazioni come quella di Deleuze che in “La piega” si prova a costruire i castelli necessari alla spiegazione dell’inspiegabile progresso tecnologico partendo da Leibniz; oppure la ridefinizione proditoria e unilaterale dei limiti del sapere scientifico (o dei saperi scientifici), che viene ricacciato entro margini fittizi creati ad hoc sulla base di nozioni arcaiche dello stesso sapere. Il problema, e qui vengo al discorso di Raul, è che entrambe le metodologie, negando la possibilità di confronto e commistione tra i due saperi, impediscono la formazione di un sapere critico e informato sul mondo che ci circonda, così intriso di tecnologia (e quindi di tecnica), quindi la sedimentazione di un sostrato comune di consapevolezza, quindi la possibilità di elaborarlo in modo creativo, quindi infine di fornire alla creazione artistica gli elementi “generativi” che le permettessero

Lette in questo modo, tante esperienze avanguardiste del novecento, a cominciare (non a caso) dal nostro futurismo, rappresentano colossali svarioni interpretativi, tentativi generosi e mai del tutto risolti di afferrare il bandolo di una matassa che intanto si srotola in perfetta autonomia.

Spero di non aver dato un’idea troppo progressiva e consequenziale del problema. Quegli “elementi generativi” mi preoccupano.

Ho sonno e vado a letto.

Buonanotte,

Marco

Samanta Scrive

Caro Giacomo e cari tutti,

purtroppo il fato mi è avverso e ancora una volta ho "raté" la riunione fissata la settimana scorsa!

In breve, porgo il mio contriuto a proporsito dei doverosi "compitini" sciorinati nell'e-mail precedente. Essendo poi una maestra, non posso esimermi in alcun modo dal rispettare puntualmente tutti gli obblighi annessi e connessi alla mia partecipazione, seppure solo mediatica, sino ad oggi, alla nobile impresa.
Vengo al punto: mi piacerebbe inserirmi nella diade uomo-macchina per analizzare alcuni passaggi, a inizio secolo, relativi alle figurazioni dis-umanizzanti (manichini, automi, homme-cible) negli Chants de la mi-mort di Alberto Savinio, alias Andrea De Chirico. In questo modo potrei portare acqua al mio mulino, ovvero lavorare su un testo che conosco abbastanza bene, per rintracciare le coordinate di un discorso più ampio, teso tra modelli esistenziali estetizzanti e sperimentazione avanguardistica.

Tuttavia, a livello generale, di impostazione, condivido le perplessità di chi solleva questioni di metodo e aggiungo che definizioni devono sussistere ed essere teoreticamente condivise dal gruppo, affinchè quelle stesse possano essere "provate" da indagini sul campo che allora non dovranno più porsi scrupoli rispetto a un procedere disseminativo.
Mi spiego: il contenitore, seppure elastico, deve delimitare un campo di possibili applicazioni. Ma quest'operazione logicamente precede e non segue le indagini sul campo stesso!
Altrimenti il rischio, al quale io stessa e per prima cedo, è quello di far rientrare il tema all'interno di un proprio ambito di ricerca che sussisteva già prima e a prescindere dalla nobile impresa!
Se il problema è che da qualche parte si deve cominciare, posso condividere ma il dubbio, radicale, è che così facendo ne venga fuori un quadro graziso e affascinante degli interessi di ciascuno piuttosto che una chiara e definita (nella sua problematicita') area di ricerca.

Vi rimando la palla e auguro a tutti buon lavoro
A presto
Samanta