sabato, gennaio 21, 2006

Giacomo Scrive _12 Dicembre

Cari tutti,

vi scrivo per tentare di fissare il prossimo appuntamento, cercando per quanto è possibile di venire incontro alle esigenze di tutti, e di dare alcune informazioni.
- Purtroppo la coperta è corta, dunque qualcuno (ahime) resterà forse comunque fuori. Vi prego di farmi sapere al più presto (chi non lo avesse già fatto) quando posso fissare il prossimo incontro tra i giorni di: sabato 17 / domenica 18/ lunedì 19. Temo che l'opzione vincente (a quanto ricordo) sarà proprio l'ultima, ma vi prego di dirmi come siete messi, forse riusciamo a salvare capra e cavoli. Ditemi anche l'orario "massimo" di partecipazione. So che alcuni (Samanta Ndr) hanno un Bruno che li aspetta a casa e che non possono fare tardi.
- un mio piccolo contributo, sconclusionato.
A proposito del concetto di tecnologia, mi sono accorto che nelle enciclopedie on-line (è domenica, non ho potuto vedere altro) la più riduttiva (e corriva) è naturalmente la DEAgostini, che riduce la cosa a " Insieme di studi intesi a precisare in termini di razionalizzazione scientifico matematica i vari processi tecnici mediante i quali le materie prime si trasformano in prodotti finiti: tecnologia del legno, del vetro, delle costruzioni; tecnologia tessile ecc. ". Italiani... Non per nulla Borges aveva letto la Britannica già a quattordici anni: la sua definizione (di 27 parole, quella intera, a pagamento, è di migliaia) recita: "the application of scientific knowledge to the practical aims of human life or, as it is sometimes phrased, to the change and manipulation of the human environment…". Infine i Canadesi di Agora, che non danno una vera e propria definizione quanto piuttosto un pippotto su cosa vuole o non vuole dire il termine per noi giovani d'oggi. Secondo Bigelow, citato nella "definizione" di Agora, il termine tecnologia " désigne la technique en tant que fondée sur la science moderne, par opposition aux techniques traditionnelles, celles du violoniste ou du peintre par exemple, qui étaient d'origine empirique".
Mi ritrovo molto di più nella definizione di Britannica e di Bigelow. E da queste due parto per esporvi le riflessioni che ho fatto intorno a due libri letti in questi ultimi giorni, completamente (ma davvero?) diversi l'uno dall'altro. Uno è di Emilio Quadrelli, un sociologo della devianza che ha pubblicato quest'anno "Gabbie metropolitane. Modelli disciplinari e strategie di resistenza ; Ed Derive e Approdi 2005" . E' un libro che parla di come sia cambiata la società italiana dagli anni settanta ad oggi, e le meccaniche interne che hanno portato alla situazione attuale. Quadrelli dice, in sostanza, che mentre sino agli anni settanta il metodo disciplinare del carcere (un modello scientifico di controllo, studio, analisi e correzione del detenuto; un sistema composto da diversi saperi scientifici - medicina, psicologia, sociologia, psichiatria - che analizzano il deviante trasformandolo allo stesso tempo in un paziente e in un punito, in un esperimento e in un supplizio (è tutto Foucault, niente di nuovo sotto il sole)- mentre, dicevo, sino a quegli anni il sistema è mantenuto all'interno del carcere, dagli anni ottanta e novanta in poi il sistema si diffonde a macchia d'olio. Non sono solo i carcerati ad avere un trattamento simile, ma anche i tossici, i disadattati, i poveri. Tutti gli elementi che non si fanno inglobare nel mondo comune vengono trattati come malati. Insomma, un metodo tecnologico (cioè un'applicazione al mondo e al comportamento umano - al fine di migliorarlo - the application of scientific knowledge to the practical aims of human life) di trattare determinati comportamenti umani, considerati devianti. Il secondo ilbro è "Intelligenza e pregiudizio. Contro i fondamenti scientifici del razzismo", di Stephen Jay Gould, Milano NET 2005. Il libro è vecchio, e se la prende soprattutto con la mania americana della misurazione del QI come metodo per incasellare e giudicare i comportamenti dell'individuo in maniera esatta. Il titolo originale è molto più intrigante: the mismeasure of Man. Comunque mette bene a nudo (e da scienziato, pizzicando sul metodo, non sul principio) la nascita di teorie scientifiche a favore di una determinata superiorità di un determinato gruppo (che, guarda caso, è quasi sempre il ceppo bianco nordico wasp...chissà perché?) sugli altri, siano essi donne, neri o poveri. La tecnologia per riuscire a rispondere al quesito cardine di tutte le società: perché ci sono i superiori e gli inferiori? E soprattutto, perché è giusto che sia così?
Tutto questo lungo racconto (in realtà avevo voglia di parlare di sti' libri e non ho incontrato nessuno per due giorni...) per indicare il legame forte tra tecnologie e controllo sociale (e politico). E la letteratura? Se proprio a qualcuno interessasse, la letteratura (come dice Adriana Cavarero) è il discorso del Who, mentre la scienza (la Cavarero intende quella giuridica, ma mi permetto di estenderla alle tecnologie di controllo) è il discorso del what. Gli psichiatri, i sociologhi, i medici, i frenologi guardano al deviante come un numero, come una COSA. Il deviante, quando può, si appropria del discorso non suo (la letteratura) per ribadire il WHO, la propria individualità contro un interno sistema (peraltro, scientificamente fondato e dunque INDUBITABILE), la propria personalità complessa... eccetera eccetera (è un eccetera lungo quanto la parte sociologico-teorica). E se dovessimo andare all'ottocento, le teorie del controllo e dell'analisi sociale sono già ben assimilate e presenti da tizi come Balzac, Tolstoj, Zola, e altri più famosi di cui non ricordo il nome.

Sono stato lungo e vi prego di scusarmi. Dovevo parlare di questo anche perché voglio chiedervi se ho preso un granchio o se secondo voi la definizione ci possa stare. Senza discutere il fatto che, quando ci guarderemo in faccia e vedremo come vanno tutti gli altri, se la definizione di tecnologia diventasse più ristretta cercherei un'altra via.

Un abbraccio collettivo,
Nobody expects spanish inquisition

Giacomo