sabato, gennaio 21, 2006

seconda mail_ Raoul, 4 dicembre 2005

Caro Giacomo

ti ringrazio per l´aggiornamento e ti rispondo subito. Quanto all´ipotesi di trovarsi con la meta´di questo mese e, eventualmente, di cominciare l´attivita´seminariale con la meta´di gennaio 2006, non posso dire altro se non che non potrei/potro´ esserci, non potrei/potro` comunque per allora preparare qualcosa di interessante e intelligente su uno dei due temi proposti dalla redazione. Questi mi paiono validi, ma mi riservo il diritto di ritornare sulla metodologia da seguire in merito all´argomento, che e´trasversale, aperto, interdisciplinare nonche´interclassista, tutte cose che incontrano piu´o meno il mio favore e mi fanno credere che il taglio della rivista avra´- o forse abbia gia´- un che di post-moderno. E´giusto ricordare che lo spirito dell´iniziativa si colloca al di la´del solito contenitore editoriale in cui far rientrare forzatamente le competenze di ciascuno. Mi chiedo pero´, se non sia altrettanto giusto, in fase preliminare, verificare quanto si sia in grado noi stessi di "contenere" del tema proposto. Infine, mi viene di pensare che l´occasione di un lavoro di orientamento redazionale - e non di federazione di teste ricercanti - sia finalmente l´occasione per ridiscutere alcuni luoghi comuni, alcuni vizi di ideologia umanistica, che preformano e precostituiscono quasi sempre le nostre domande quando ci rapportiamo alla scienza. Per spiegarmi meglio ti faccio un breve esempio. Qualche tempo fa´un epistemologo tedesco di nome Hübner, aveva cercato di ridurre il dibattito tra teorie quantistiche e teorie di relativita´a una matrice di tipo mitografico: in buona sostanza e con buona pace dei fisici le teorie della scienza erano secondo lui ontologicamente uguali alle formule del mito. Entrambe infatti aspirano a una universalistica descrizione della realta´, poiche´entrambe implicano un sistema di spiegazione che poggia su presupposti sostanziali e teologici. Insomma, le teorie descrivono ma non si spiegano, cosi´come nella mitografia un intero mondo prende vita da un uovo o da un caos senza nulla sapere di quell´uovo e di quel caos. Tanto l´assunto matematico-fisico quanto l´uovo sono percio´non scientifici. Un paio di anni dopo, un epistemologo francese, Boudon, ha dimostrato come le teorie della scienza poggino in realta´su verita´che sono si´indimostrabili, ma che lo sono matematicamente e cioe´all´interno di un convenuto orizzonte di possibilita´di verifica, esclusivamente d´uso e consumo matematico. In matematica la dimostrabilita´o non di un assunto ha a sua volta un criterio di matematicita´, sostanziale certo, logico certo, ma mai del tutto analitico, che puo´percio´essere descritto/tradotto/organizzato attraverso un altro sitema di simboli. In tal modo la teoria scientifica tenta di spiegarsi verticalmente, cosa che nel mito non si verifica, poiche´fondamentale in esso e´ e sara´sempre il suo continuo tradursi orizzontalmente, ossia attraverso il tempo e la cultura. Tutto questo potra´sembrarti estrinseco e cervellotico rispetto alle nostre ben piu´umili intenzioni editoriali, eppure il caso e´esemplare perche´dimostra come nell´epistemologia ibrida, quella del "romanticone" umanista Hübner, manchi la necessaria distanza critica per affrontare secondo metodo il problema del mito a partire da una falsa definizione della matematica. Credo che noi si incorra nello stesso rischio, se prima non ci diamo una quanto piu´possibile solida e condivisa idea di cosa intendiamo con macchina, tecnologia, biotecnica, ecc. Da parte mia, visto ormai l´ ingresso ufficiale nell´arena, suggerisco magari di presentare insieme al titolo del proprio intervento, o in relazione a l´area di interesse, un referente di lettura, di consultazione, che sia enciclopedico, emerografico o saggistico, insomma a sostegno metodologico per capire di cosa si parla, in quale campo si vuole discuterne e in che termini se ne vuole rendere conto. Ho visto qui a Monaco, nella biblioteca di lettere, che esiste piu´di una rivista specializzata in materia (cerchero´di inviare nei prossimi giorni il titolo e la serie), e che lo stesso lessico tedesco di estetica annovera tra le sue voci "tecnologia" e "macchina". Ecco, questo e´quello che mi sento per ora, considerata la mia distanza (su tutti i fronti) dal lavoro in fieri a Bologna, di indicare personalmente per la riuscita di questo nostro sentito - e spero ancora da risentire - progetto editoriale.
Raoul Melotto

PS: Perdona l´uso paleolitico e un po´sessantottino dell´apostrofo, ma sulle tastiere tedesche non esiste la vocale accentata.